Raccontare la storia di Carlos Acosta mi è sembrato sin dall’inizio l’opportunità di rapportarmi a un mondo di immensa ricchezza drammatica e visiva; inoltre ero entusiasta dal modo in cui lo sceneggiatore Paul Laverty evitava la tipica struttura del biopic.

YULI si occupa di due realtà: il passato, in cui viviamo l’infanzia e la giovinezza di Acosta, e il presente, in cui il ballerino e coreografo lavora con la sua compagnia all’Avana, provando un’opera che racconta la storia della sua vita.

Visitiamo i momenti chiave della vita di Carlos sia nelle sequenze di danza contemporanea, che attraverso le prove, in cui Carlos affronta la sua vita e il modo in cui cerca di raccontarla.

Come regista, non potevo sperare d’imbattermi in una storia più affascinante di questa. Tracciare il viaggio di un artista, sin dal suo rifiuto da bambino di imparare il balletto, fino a far coincidere la propria vita con la danza. Il vivere lontano dalla propria famiglia e dagli amici crea una frattura nella vita di Carlos e produce un confronto continuo con suo padre che lo spinse prima a lasciare casa e poi il suo paese, Cuba, per raggiungere la vetta.

"Yuli è un film sulle radici, sulla relazione tra Carlos e suo padre, il rapporto con la famiglia, con Cuba."

YULI racconta anche la storia di Cuba dal punto di vista della famiglia di Carlos, a partire dalla nonna, nata schiava nella piantagione “Acosta” (da qui il suo nome), per poi attraversare la dolorosa separazione dei propri cari quando la famiglia della zia di Carlos emigra a Miami negli anni ’80, frattura vissuta da molte famiglie in quegli anni, da cui la madre di Carlos non seppe mai riprendersi.

Il ritorno del ballerino appena ventenne, dopo la sua prima permanenza a Londra, coincide con il cosiddetto “Periodo Especial” ovvero lo stato di emergenza in seguito alla crisi dell’Unione Sovietica, che divenne acuta nel 1994 quando il campo socialista collassò definitivamente e molti tentarono l’esodo dall’isola scappando su zattere, lasciando un segno indelebile in tutti i cubani.

Inoltre la storia di Carlos è unica, fin dal semplice fatto che un meticcio come lui, di umili origini, figlio di un camionista nero, sia riuscito ad essere ammesso gratuitamente in un’accademia di balletto di altissimo livello come la Scuola Nazionale di Balletto di l’Avana.

Sono stata a Cuba diverse volte sin dai primi anni’90, e ho sempre ammirato questo popolo e la sua capacità di sopravvivere contro ogni avversità senza mai abbassare la testa.

Nonostante le enormi contraddizioni sociali e la costante precarietà economica, a Cuba esiste un grande fermento culturale e artistico che il film intende omaggiare attraverso Carlos e gli straordinari ballerini della sua compagnia.

PAUL
LA
VER
TY

Paul Laverty

Paul Laverty ad oggi ha scritto 14 sceneggiature dirette da Ken Loach. “Io, Daniel Blake” (2016), e “Il vento che accarezza l’erba” (2006) hanno entrambi vinto la Palma d’Oro a Cannes.

La loro collaborazione include “My name is Joe” (1998, Palma Miglior Attore a Cannes per Peter Mullan), “La parte degli angeli”(2012, Premio della Giuria, Cannes) “Sweet Sixteen” (2003, Miglior Sceneggiatura, Cannes) e “In questo mondo libero…” (2007, Miglior Sceneggiatura, Mostra di Venezia).

Oltre a YULI – Danza e Libertà, Laverty ha scritto altre due sceneggiature per Iciar Bollain: “Tambien la lluvia” (2010, Panorama audience award alla Berlinale) e “El Olivo” (2016), entrambi candidati in rappresentazione della Spagna per la corsa agli Oscar.

Paul Laverty. sceneggiatore di Yuli, dal 17 ottobre in Italia

” Sono stato onesto con Carlos e con i produttori quando dissi loro che non ero affatto sicuro di riuscire nell’impresa. Non avevo mai affrontato un adattamento prima d’allora e il libro di Carlos, “NoWay Home“, era stato pubblicato 10 anni prima. 

Sentivo chiaramente che avevamo bisogno di qualcosa di più. Per questo andai a l’Avana a vedere le prove di Carlos con la sua giovane compagnia e stetti due settimane. Visti da vicino mi hanno strabiliato. Davanti ai miei occhi si muovevano danzatori tra i migliori del mondo, e la loro collaborazione con Carlos aveva qualcosa di davvero speciale. 

Allora pensammo, perché non raccontare alcuni passaggi-chiave della sua vita attraverso la danza? E perché no, nel film Carlos potrebbe interpretare se stesso! Approfittiamo di questo suo spaventoso talento! Bisognava veder quei tendini allungarsi e sentire l’odore del sudore… Niente finti passi o attori che impazziscono per imparare qualche movimento in poche settimane. In altre parole, l’imperativo era catturare la maestosità della danza dal vero, in tutta la sua bellezza e disciplina. 

Non avevo mai visto niente di simile in un biopic, ero sicuro che questo approccio avrebbe costituito una grande sfida anche per Iciar, che si dimostrò subito entusiasta di sperimentare e infrangere nuove frontiere. Potevamo catturare l’indefinibile tra padre e figlio, non solo attraverso la parola, ma anche nel movimento? 

Potevamo rendere danza le contraddizioni di una carriera di successo? Ma non solo: anche ragionare sull’infanzia di Carlos fu di estrema importanza. Io ho lasciato casa a nove anni e non dimenticherò mai quel nodo alla gola. Carlos nemmeno. Fu quella la chiave che mi aprì la porta per raccontare la storia di una vita così straordinaria. 

Da lì fu naturale capire che quella era sì la storia di Carlos e della sua famiglia, ma anche di Cuba e del suo popolo. Raccontare questa storia è stato un regalo per me. Osservare Iciar al lavoro con così tanti artisti di inestimabile valore – come Maria Rovira, tanto per fare un nome – è stato a dir poco magico. Per non parlare del brillante apporto del compositore Alberto Iglesias, un talento eccezionale che non smette mai di affascinarmi.”

Iciair Bollain sul set di Yuli insieme a Carlos Acosta
Iciair Bollain sul set di Yuli
Iciair Bollain sul set di Yuli insieme a Carlos Acosta
Iciair Bollain sul set di Yuli insieme a Carlos Acosta
Iciair Bollain sul set di Yuli insieme a Carlos Acosta
Iciair Bollain con Yuli ventenne